Viene usato ossido di etilene per la fumigazione degli imballaggi in legno? Dove è possibile reperire maggiori informazioni al riguardo?
Per la fumigazione degli imballaggi in legno la norma ISPM 15 cita il bromuro di metile (MB) oppure il fluoruro di solforile (SF). Si rimanda al seguente link per la consultazione della norma (in inglese) http://www.fao.org/3/mb160e/mb160e.pdf
Dove è possibile trovare l'elenco aggiornato delle nazioni che richiedono il rispetto dello standard ISPM 15?
È possibile reperire maggiori informazioni rispetto alla norma ISPM 15 ed alle implementazioni dei singoli Paesi al seguente link https://www.ippc.int/en/countries/all/ispm15/
Quali sono le nuove regole per l’esportazione in Cina a partire dal 2022?
La General Administration of Costums della Repubblica Popolare cinese (GACC) ha revisionato la normativa relativa all’importazione di prodotti alimentari, promulgando due decreti:
- Decreto n. 248, riguardante le misure amministrative per la registrazione dei produttori esteri di alimenti importati in Cina;
- Decreto n.249, contenente le misure amministrative sulla sicurezza alimentare dei prodotti importati, che impone nuovi requisiti relativi all'ispezione ed alla valutazione degli alimenti importati.
Per esportare in Cina quale lingua è accettata sull'etichetta? È possibile aggiungere degli sticker?
La lingua richiesta è il cinese. Per alcuni prodotti è vietato ricorrere agli sticker (es. prodotti per l’infanzia). In generale, si consideri che ci sono indicazioni specifiche su font size e posizionamento delle informazioni sul prodotto, oltre che per la corrispondenza tra informazioni in cinese e nelle altre lingue, che potrebbero non essere rispettate ricorrendo all’utilizzo di sticker.
In generale, è sufficiente aggiungere uno sticker per avere la conformità dell’etichetta?
Dipende dal Paese terzo verso il quale si esporta. È opportuno valutare, di volta in volta, con il contatto commerciale nel paese di destinazione le specifiche richieste. È possibile che alcuni Paesi accettino l’utilizzo di sticker, ma soltanto per alcune informazioni. I Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC), ad esempio, richiedono che la durabilità del prodotto e la data di produzione siano obbligatoriamente riportate sul pack o sull’etichetta originale.
A cosa serve la classificazione doganale?
La classificazione doganale è necessaria per avere un’individuazione univoca e specifica, universalmente riconosciuta, del prodotto, a prescindere dalla descrizione fornita.
Come posso rilasciare ai miei clienti la dichiarazione di origine se il mio fornitore non rilascia la dichiarazione di origine preferenziale prevista dagli All. 22-15 o 22-16?
Non è possibile fornire una dichiarazione di origine dei prodotti se non è stata fornita una documentazione appropriata da parte del fornitore, relativa alla dichiarazione di origine preferenziale.
Quali sono i paesi nei confronti dei quali occorre prestare la massima attenzione riguardo agli INCOTERMS applicabili in contratto?
In generale, i Paesi dell’Est (es. Russia, Ucraina, etc.), che cercano di gestire direttamente l’operazione di esportazione. In questi casi, non c’è il monitoraggio dell’Agenzia delle Dogane italiana e ci potrebbe essere una difficoltà nel reperire della documentazione (prove di esportazione) da sottoporre alla valutazione dell’Agenzia delle Dogane.
La prova di esportazione è necessaria anche con la vendita in stati UE, ovvero con scambio intracomunitario, oppure solo per esportazione propriamente detta, ovvero extra UE?
La prova di esportazione riguarda le vendite con destinazione finale in Paesi terzi, fuori dall’UE. In generale, viene fornita con la dichiarazione doganale di esportazione, munita di un identificativo (MRN) che può essere rintracciato sul sito dell’Agenzia delle Dogane per verificare se la merce è stata effettivamente esportata.
Per quanto riguarda l'origine non preferenziale, il paese di origine è quello dove è avvenuta l’ultima lavorazione o trasformazione sostanziale. Le operazioni di semplice confezionamento non sono contemplate, ma se c'è un blending?
In molti casi il blending non è considerato “lavorazione sostanziale”. È in ogni caso opportuno verificare caso per caso le regole di attribuzione dell’origine definite all’Allegato 22-01; per i prodotti non presenti è necessario verificare la posizione tenuta dall’UE in sede di WTO.
La fattura di vendita può essere predisposta in lingue estera e in una valuta diversa dall’euro?
La fattura può essere emessa anche in lingua straniera, purché leggibile e comprensibile da parte dell’amministrazione ricevente, ed in valuta estera, diversa dall’euro. È comunque opportuno verificare se presenti specifiche disposizioni ai fini della contabilizzazione, che richiedono una conversione in euro.
Come si può esportare verso quei Paesi per i quali non sono previsti né accordi, né certificazioni concordate?
È opportuno rivolgersi all’ASL di riferimento. In alcuni casi, è possibile chiedere all’importatore i requisiti ed il modello di certificato che si può utilizzare per accompagnare la merce, da sottoporre all’attenzione dell’Autorità competente, che verifica se quanto richiesto è sottoscrivibile. Si consiglia di verificare in quali lingue devono essere redatti i certificati, generalmente sono due: la lingua comprensibile da parte del certificatore e la lingua del Paese di importazione del prodotto.
Quali documenti possono essere richiesti dall’autorità competente per sottoscrivere un certificato sanitario?
La documentazione richiesta varia a seconda della certificazione che verrà sottoscritta. Ad esempio, può essere richiesta una documentazione specifica relativa al processo subìto dal prodotto (es. se il prodotto deve essere pastorizzato, verrà richiesta appropriata documentazione attestante tempi e temperatura del trattamento termico) oppure alla provenienza delle materie prime, nel caso in cui il Paese di importazione preveda che queste possano provenire soltanto da determinate zone.
Se ad esportare è un'azienda terza commerciale che non produce, deve comunque registrarsi o è sufficiente che sia registrato lo stabilimento?
Dipende dal Paese terzo verso il quale si esporta. Di volta in volta, è necessario verificare se anche l’azienda terza, diversa dal produttore (es. azienda che svolge soltanto deposito della merce), deve essere registrata oppure se è sufficiente lo stabilimento produttivo, o viceversa.
I PAT (Prodotti Agroalimentare Tradizionali) vengono inclusi nel Fair Trade Agreement?
In generale no, non vi è un riconoscimento bilaterale per i PAT.
Se l'azienda A produce conto terzi per la mia azienda un prodotto che io commercializzo con la mia etichetta, bisogna inserire nell'etichetta prodotto da "Azienda A" o posso inserire " “Distribuito da …”
La normativa americana non richiede necessariamente il nome del produttore; può comparire anche solo il distributore americano (“Distributed by …”).
In un prodotto alimentare destinato al mercato USA, gli allergeni, se indicati tra gli ingredienti (e non in lista separata), vanno identificati con un carattere diverso dagli altri ingredienti come prevede il nostro Reg. UE 1169/2011? Vi sono disposizioni in merito alla indicazione della percentuale dell'ingrediente caratterizzante in etichetta?
La normativa americana non richiede l’evidenza grafica dei termini riferiti agli allergeni. Inoltre, non vi è l’obbligo di fornire l’indicazione della percentuale dell'ingrediente caratterizzante in etichetta.
Per un prodotto che non contiene allergeni ma che è prodotto in uno stabilimento che tratta anche allergeni, è sufficiente/corretta la dicitura in etichetta "Prodotto in uno stabilimento che lavora cereali contenenti glutine, soia, etc. "
Al momento non ci sono disposizioni di legge, ma in alcuni casi delle linee di indirizzo da parte dei singoli Stati. È dunque opportuno valutare l’interpretazione specifica al riguardo da parte dello Stato di destinazione.
Per le esportazioni, le aziende devono avere nel proprio organico un professionista esperto di riferimento? Se sì, che formazione deve possedere?
In generale, non è richiesto un professionista ad hoc. Tuttavia, è chiaro che vi debba essere un’adeguata documentazione ed un approfondimento rispetto alle pratiche che è necessario svolgere per esportare il prodotto. In alcuni casi, può essere richiesto che l’azienda abbia una figura di riferimento con una specifica formazione per lo svolgimento di determinate mansioni (es. PCQI - Preventive Control Qualified Individual - per lo sviluppo e l’applicazione del Food Safety Plan statunitense).
Ci sono possibilità di armonizzazione tra diversi Stati terzi e in quali aree?
Attualmente le possibilità di armonizzazione sono molto limitate, per quanto in alcuni ambiti il Codex Alimentarius stia cercando di intervenire (es. allergeni). Per alcune informazioni obbligatorie è presente un’eterogeneità in termini di contenuti, presentazione grafica, etc. (es. dichiarazione nutrizionale), che rende molto difficoltoso, se non addirittura impraticabile, l’utilizzo di una medesima etichetta per diversi Paesi.
Da un punto di vista regolatorio, quali possono essere i mercati di più facile accesso per i prodotti italiani ed europei in generale?
Per alcuni mercati si può valutare la possibilità di utilizzare un’unica etichetta, in particolare quando la lingua richiesta non è particolarmente complessa (es. inglese) e la normativa del paese di destinazione non si discosta in modo sostanziale dalla normativa europea; in alcuni casi, può essere sufficiente inserire delle informazioni specifiche richieste dal Paese terzo di destinazione.